La critica più radicale contro il verificazionismo proviene da fuori il circolo di Vienna, ma non fuori dal neopositivismo. O meglio, non si sa se Popper sia un neopositivista eretico o un filosofo epistemologico, ma egli va comunque in direzione del neopositivismo, come testimoniano molti scritti di filosofi successivi. In molte sue opere e, soprattutto, in “Logica della scoperta scientifica” Popper afferma di non essere positivista, perché riteneva di non partecipare alla definizione di concetto di sensatezza, propria della scienza. Tuttavia il fatto che se ne discuta, ci fa pensare che probabilmente Popper sia, in parte, un neopositivista: gli epistemologi successivi affermano che egli appartiene alla corrente neopositivista, poiché la ricerca di criteri di demarcazione tra scienza e non scienza è centrale nel movimento.
L’elemento catalizzatore è la volontà di determinare in modo rigoroso quali siano i limiti e le caratteristiche della razionalità scientifica e quali siano le differenze con gli altri tipi di razionalità. Una delle principali differenze è la critica alla metafisica: Popper affida ad essa un contenuto di senso, non di insensatezza, tuttavia non è scientifica. La sensatezza ricopre due ambiti:
· Razionalità non scientifica
· Razionalità scientifica
Spiega ciò con una metafora: “tutte le navi possono circolare nel mare della conoscenza, ma di esse solo alcune hanno la struttura delle navi scientifiche, che sono le migliori”.
Popper prende le distanze da Schlick: le teorie scientifiche sono quelle teorie che possono essere smontate o falsificate, mentre quelle che sono dimostrabili con l’esperienza sensibile non sono scientifiche (per Schlick e i neopositivisti era l’esatto contrario); l’eccessiva capacità di una teoria di essere verificata, ovvero che le sue ipotesi valgono in ogni caso, è ciò che gioca a sfavore di essa e che la rende non scientifica.
La questione viene affrontata da Popper all’inizio del ‘900, periodo in cui molte teorie presumevano di essere scientifiche. In “Congetture e confutazioni”, per analizzare questo punto, parte dall’analisi di ciò che accadeva al circolo di Vienna nei primi due decenni del 1900.
Scheda: “Congetture e confutazioni”, capitolo I
Popper si presenta come filosofo della scienza e si pone immediatamente una domanda: quando una teoria si può dimostrare scientifica? egli non vuole stabilire se una teoria è vera o falsa, ma solo demarcare ciò che è scientifico, e magari falso, da ciò che non è scientifico (pseudoscientifico), e magari vero.
Il fatto che qualcosa si presenti sempre come vero, può essere smontato da una sola osservazione: infatti molte discipline ritenute scientifiche, come l’astrologia, presentano un contenuto osservativo enorme; esse non sono scientifiche perché funzionano sempre: i dati osservativi della realtà vengono piegati per adeguarli ad essa, rendendo la teoria sempre vera.
Quattro teorie andavano per la maggiore in quegli anni:
· teoria della relatività di Einstein
· materialismo storico di Marx
· psicoanalisi di Freud
· psicologia individuale di Adler (ogni nostro comportamento è determinato dal fatto che ogni individuo si vuole sottrarre da una situazione di inferiorità, cercando di dimostrare la sua superiorità psicologica)
Esse si presentavano come teorie scientifiche, ma Popper afferma che, in realtà, una solamente era scientifica, ovvero la teoria della relatività di Einstein; le altre 3 teorie erano pseudoscientifiche, perché le loro giustificazioni erano ovunque osservabili: ogni caso poteva essere giustificato, perché poteva essere letto nei termini della teoria di riferimento e quindi visto come conferma. Ciò è impossibile, perché deve esistere almeno un caso che possa smentire la teoria; la sua mancanza porta quindi ad una diminuzione della scientificità della teoria stessa.
La teoria di Einstein si differenzia però dalle altre, perché prevedeva almeno un caso che smontasse un suo postulato, ovvero il fatto che la luce non è materia, ma soggetta all’attrazione; quindi un raggio di luce che passa vicino ad un pianeta non è rettilineo, ma subisce uno spostamento a causa della forza di gravità. Ciò però poteva anche non verificarsi e quindi la teoria sarebbe stata smentita. Le osservazioni eseguite dall’astrofisico inglese, Arthur Eddington, hanno accertato e non verificato, la teoria: l’hanno quindi rafforzata. La teoria di Einstein quindi è scientifica, in quanto una parte di essa può ancora essere smentita dall’osservazione.
Popper credeva infatti che l’elemento che determinasse la scientificità di una teoria fosse quanto essa è rischiosa; altro elemento è che la teoria deve porsi in contrasto netto con le teorie precedenti, cambiando radicalmente il paradigma ed entrando in contrasto con ciò che si affermava prima. Più una teoria entra in contrasto con ciò che si riteneva valido in precedenza, più essa è rischiosa e più è valida, ovvero scientifica.
Popper arriva quindi a formulare 7 conclusioni:
“e’ facile ottenere delle conferme, o verifiche, per quasi ogni teoria – se quel che cerchiamo sono appunto le conferme”: è facile quindi costruire una teoria che cerchi sempre potenziali conferme di se stessa
“le conferme dovrebbero valere solo se sono il risultato di previsioni rischiose; vale a dire, nel caso che, non essendo illuminati dalla teoria in questione, ci saremo dovuti aspettare un evento incompatibile con essa – un evento che avrebbe confutato la teoria”: una teoria è valida solo se si presenta come rischiosa, ovvero contiene al suo interno tutti i casi in cui essa potrebbe essere smentita; bisogna costantemente evidenziare questo rischio
“ogni teoria scientifica <<valida>> è una proibizione: essa preclude l’accadimento di certe cose. Quante più cose preclude, tanto migliore essa risulta”: una teoria scientifica proibisce che valgano determinati eventi, poiché più proibisce, meno probabile è e più scientifica è; essa è quindi ampliativa nei confronti della conoscenza della realtà
“una teoria che non può essere confutata da alcun evento concepibile, non è scientifica. L’inconfutabilità di una teoria non è un pregio, bensì un difetto”: una teoria per essere scientifica deve contenere al suo interno la possibilità di essere confutata
“ogni controllo genuino di una teoria è un tentativo di falsificarla, o di confutarla. La controllabilità coincide con la falsificabilità; vi sono tuttavia dei gradi di controllabilità: alcune teorie sono controllabili, o esposte alla confutazione, più di altre; esse, per dire così, corrono rischi maggiori”: la scienza è quella disciplina in cui, coloro che elaborano la teoria cercano di falsificarla (questa concezione verrà negata da Paul Feyerabend, sociologo e filosofo austriaco). Tutti coloro che elaborano teorie non scientifiche, cercano di costruire teorie ad hoc, anche se queste sembrano smentite dai fenomeni.
“i dati di conferma non dovrebbero contare se non quando siano il risultato di un controllo genuino della teoria; e ciò significa che quest’ultimo può essere presentato come un tentativo serio, benché fallito, di falsificare la teoria. In simili casi parlo ora di <<dati corroboranti>>”: una teoria può essere corroborata (rafforzata) facendo esperienze che provano a confutarla e invece falliscono.
“ad alcune teorie genuinamente controllabili, dopo che si sono rivelate false, continuano ad essere sostenute dai loro fautori – per esempio con l’introduzione, ad hoc, di qualche assunzione ausiliare, o con la reinterpretazione ad hoc della teoria, in modo di sottrarla alla confutazione. Una procedura del genere è sempre possibile, ma essa può salvare la teoria dalla confutazione solo al prezzo di distruggere, o almeno pregiudicare, il suo stato scientifico. Ho descritto in seguito una tale operazione di salvataggio come una <<mossa>> o <<stratagemma convenzionalistico>>”: per le teorie che non sono scientifiche, i loro fautori riformulano ad hoc la teoria per far si che non venga confutata e che sopporti il confronto falsificante con l’esperienza.
Da ciò emerge che l’esperienza sensibile, su cui si basa la scienza, non è giusta, perche le osservazioni sono infinite mentre le teorie no.
L’induttivismo è quel processo scientifico che, attraverso l’osservazione della realtà, permette di formulare teorie universali; per Popper però ciò è errato, in quanto nessun numero di osservazioni può confermare la teoria; le leggi infatti sono sempre particolari, mai universali. Nella verifica della teoria c’è bisogno di infinite osservazioni per dichiarare che sia vera e basta un’unica osservazione che la smentisce per dichiararla falsa.
L’induttivismo quindi non funziona perché si basa su una concezione falsa: priva vi è l’osservazione, dopo la legge. Inoltre vi è la credenza che esistano osservazioni pure non sostenute da teorie precedenti; ciò per Popper è un’illusione: non esistono osservazioni pure, perché tutte sono sostenute da una teoria.
in “scienze e filosofia”, Popper riporta un tentativo di dimostrare ciò.
Scheda: “Scienze e filosofia”, capitolo v
Fa riferimenti al metodo empirico, basato sull’induttivismo, che partendo dall’osservazione arriva alla formulazione di una teoria; le osservazioni, per diventare utili, devono però essere selezionate. Se non si ha una guida che dice cosa osservare (utilità), non è possibile nulla.
Il campo visivo si trasforma a seconda di quello che dobbiamo fare e a seconda dei nostri bisogni: gli oggetti che osserviamo, quindi, cambiano. Per la scienza è la stessa cosa: cambiano gli oggetti a seconda della teoria che vogliamo cercare di confutare.
Il procedimento da seguire non è quindi: osservazione - teoria, ma:
· teoria – osservazione – nuove ipotesi – nuova teoria: se le ipotesi precedenti vengono smontate
· teoria – osservazione – teoria: se sussistono le prove iniziali
Questa concezione è ciò che gli permette di mantenere le proposizioni metafisiche come sensate; ad esse attribuisce un valore strumentale, poiché si presentano come narrazioni e aiutano la scienza a formulare nuove teorie: le proposizioni metafisiche hanno buoni racconti sulla realtà, ciò spinge lo scienziato ad elaborare teorie sempre più complesse e rischiose, quindi scientifiche. Bisogna però sottolineare il fatto che metafisico non significa scientifico, ma esiste una demarcazione tra ciò che non è scientifico (meno buono) e ciò che si presenta come scientifico (buono).
L’identificazione di una minore dignità di alcune discipline, ritenute da Popper non scientifiche, porterà i filosofi successivi a definirlo un neopositivista: infatti, egli ritiene più importanti le teorie scientifiche rispetto a quelle non scientifiche; tuttavia anche le teorie scientifiche tendono a verificare se stesse.
Bisogna riconoscere però che la differenza tra i due ambiti è di carattere economico: ad alcuni ambiti vengono dati più fondi e quindi possono approfondire le osservazioni e gli studi sulle teorie formulate. La ragione della loro differenza quindi non è scientifica, ma è una questione di propaganda.
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