giovedì 15 settembre 2011

Nietzsche

In principio Nietzsche era un professore di filologia all’università di Basilea e divenne uno dei filosofi che più di tutti è stato utilizzato ed interpretato da vari movimenti culturali e anche politici (ad un certo punto è diventato uno dei teorizzatori del pangermanesimo e del nazionalsocialismo, ma venne anche usato dai filosofi del 68, in quanto teorizzatore del nichilismo e della distruzione della metafisica occidentale); in realtà tutti quelli che cercano di utilizzare Nietzsche si muovono su posizioni sbagliate perché tutti commettono l'errore che Nietzsche stesso paventava nei confronti della sua opera, ovvero commettono l'errore di leggere Nietzsche in modo superficiale e veloce, mentre la lettura di Nietzsche deve essere una lettura lenta, in quanto il suo pensiero è, come lui stesso lo definisce, abissale. Consapevole di ciò Nietzsche nella prefazione della sua opera intitolata “L’aurora” spiega che cosa lui vuole dai suoi lettori, in particolare lui vuole che i suoi lettori siano dei lettori lenti, quelli che lui definisce dei “ruminanti del pensiero”.
Lettura “Infine a quale scopo noi”
Quello che Nietzsche dice ai suoi lettori è di imparare a leggere bene e leggere bene significa lentamente.
Già da queste prime parole di Nietzsche si capisce come si ponga in una posizione critica rispetto alla sua epoca, un'epoca che sempre di più si stava trasformando nell'epoca dell'industrializzazione, dell'accelerazione e della velocità, un'epoca nella quale inizia a contare sempre di più il numero rispetto alla qualità. Come vedremo Nietzsche, che è essenzialmente un aristocratico da questo punto di vista, ritiene pericoloso questa nuova epoca, che nasce dominata dal positivismo e nella fiducia nella scienza.

Leggere bene Nietzsche significa anche comprendere le fasi in cui il suo pensiero si diparte e in una certo senso anche il modo di esposizione ed il genere letterario che privilegia, ovvero gli aforismi. L’aforisma ha una caratteristica particolare in quanto è essenzialmente un pensiero laconico all'interno del quale si vuole esprimere una verità compiuta; chiaramente questo tipo di scrittura può dare l'impressione di una scrittura frammentaria, ma in realtà sebbene Nietzsche usi gli aforismi il pensiero all’interno di questi aforismi non è frammentario ma è una pensiero sistematico o, come dice Lowith, si presenta come un sistema in aforismi, ovvero una unità sistematica tradotta in aforismi.
Nietzsche sceglie gli aforismi perché sono l'unico genere letterario che può essere utilizzato da quei filosofi che lui definisce filosofi tentatori o sperimentatori, coloro che in qualche modo rappresentano un taglio netto nei confronti del presente e che quindi filosofi che si rivolgono al futuro. Nietzsche è infatti un altro dei filosofi della posterità, che lancia il suo pensiero in direzione dei lettori che verranno perché quelli presenti non sono adeguati. In “Aldilà del bene e del male” Nietzsche prefigura questa nuova stirpe di filosofi che sta sorgendo. Lettura “Sta sorgendo una nuova stirpe di filosofi”
Questa nuova forma di pensiero che vuole tentare nuove strade è una forma di pensiero che si pone come un veitgemasse (inattuale), un pensiero che vuole sfidare l’eternità (basti pensare all’eterno ritorno dell’identico).
Proprio anche per questa volontà di sfidare l'eternità l'aforisma è il genere letterario più adeguato perché l'aforisma è la scrittura che esprime la forma dell'eternità (Lettura “Creare cose su cui il tempo”), infatti l’aforisma e la sentenza sono forma dell’eternità perché sono le forme più ermeneuticamente aperte, ovvero sono quelle che si aprono ad infinite interpretazioni.
Già in questa scelta di utilizzare una genere letterario frammentario c'è anche, come già detto, una critica al pensiero ordinario, che è quello positivista ed hegeliano, perché Hegel coltivava lo spirito nel sistema mentre Nietzsche è contro lo spirito del sistema, inteso come tentativo di ordinare in un modo razionale la realtà (presentandola come un tutt'uno); per Nietzsche invece la realtà è caratterizzata da una sistema di fratture e di differenze, un sistema di elementi di cui quelli razionali non sono neanche i più importanti.

Quindi il pensiero di Nietzsche è un pensiero proteiforme, perché proteiforme è la realtà, solo che questa struttura non può essere tradotta con una sorta di caleidoscopio (un oggetto che da sempre immagini differenti) perché la ricerca di Nietzsche va in direzione di una unica immagine, ovvero in una direzione ben specifica, tutto in Nietzsche va in direzione di un'unica cosa, anzi secondo Lowith chi ha imparato a leggere bene Nietzsche non si stupirà della variazione di forma e di argomenti, perché in realtà chi sa leggere bene si accorgerà della costanza del suo problema filosofico, che come vedremo è essenzialmente rappresentato dalla volontà di disegnare una pensiero che si congedi definitivamente dalla metafisica occidentale e che apra ad un una nuova forma di eternità.

Questo nonostante il fatto che per Nietzsche sia possibile trovare una sorta di periodizzazione del suo pensiero, un dividersi in fasi che però si pongono in direzione di sostanziale monotonia, perché ognuna di queste fasi esprime una tappa necessaria di un unico sentiero che è il sentiero della saggezza.
Lettura “Il sentiero della saggezza”
Per Nietzsche la sua produzione filosofica è caratterizzato da questo percorso, caratterizzato da fasi:
1.       una prima fase nella quale si analizzano quelli che sono i valori fondamentali della concezione del pensiero occidentale facendoli lottare tra di loro, per far mettere in risalto che nessuno di essi può presentarsi come un valore assoluto ma sono tutti valori troppo umani e che hanno un'origine umana
2.       la seconda fase è caratterizzata dal liberarsi da questi valori
3.       mentre la terza fase è quella della ricostruzione a partire dal nulla, diventando noi i responsabili del nostro destino e soprattutto della nostra eternità
Anche le opere di Nietzsche si diviso in tre fasi:
·         Un primo periodo in cui la pubblicazione e preparato dallo stesso Nietzsche (perché è ancora sconosciuto) e che comprende “La nascita della tragedia” del 1872 e “Le considerazioni inattuali” che sono quattro saggi uniti insieme pubblicati tra il 1873 e il 1876, dove i protagonisti sono due coppie di intellettuali contrapposti, da una parte ci sono le cose da rifiutare rappresentate da Strauss ed Hegel, contrapposti agli ispiratori della prima fase del pensiero di Nietzsche, che sono Schopenhauer e Wagner (l'uomo che più di tutti ha influenzato nel bene e nel male la vita di Nietzsche). Quindi le considerazioni inattuali sono: David Strauss, il confessore e lo scrittore, Sull'utilità e il danno della storia per la nostra vita, Schopenhauer come educatore e Richard Wagner a Bayreuth.
·         Il secondo periodo è il periodo nel quale Nietzsche e inizia ad allontanarsi da queste due figure di riferimento, ed è il periodo definito illuministico. In questa categoria vengono raggruppati gli scritti: “Umano troppo umano” del 1878, “Aurora” del 1881 e i primi quattro libri della “Gaia scienza” del 1882.
·         La terza fase, che è la fase del pensiero maturo dove Nietzsche elabora due aspetti essenziali del suo nucleo teoretico, ovvero il super uomo e l'eterno ritorno dell'identico, si trovano già dell'ultimo libro della Gaia scienza e poi trovano la loro espressione nella pubblicazione di “Così parlò Zarathustra” del 1885 e poi tutta una serie di scritti che hanno a che fare con argomenti di tipo morale o religioso e sono: “Aldilà del bene e del male” del 1886, “La genealogia morale” del 1887, “Il caso Wagner”, “Il crepuscolo degli idoli”, “ Nietzsche contro Wagner” ed “Ecce homo, come si diventa ciò che si è” (che è un’opera autobiografica dove Nietzsche ritorna sui suoi scritti e li commenta), tutti del 1888. Nel gennaio del 1889 e con la pubblicazione dei “Biglietti della follia” appare evidente la sua malattia mentale che lo porterà nel 1890 a perdere quasi totalmente l'uso della ragione. Dopo la morte di Nietzsche avvenuta nel 1900, vengono pubblicati i frammenti lasciati inediti e in questi frammenti vengono ordinati dalla sorella, che aveva sposato uno dei membri di spicco dei movimenti pangermanisti (della All deutcher verband) e che quindi ordina questi frammenti in modo tale da far risaltare l'adesione di Nietzsche al pensiero pangermanista. Questi frammenti vengono raccolti nel libro intitolato “La volontà di potenza” e l’interpretazione che viene fatta di questi rispecchia la volontà della sorella, perché lui non andava molto d’accordo con i tedeschi.

Come già abbiamo detto Nietzsche non vuole concepire l'ordine, o il sistema o ciò che è chiaro come fondamento dell'esistenza, ma ciò che normalmente viene definito inferiore e che in realtà esprime l'essenza più propria della realtà.
Lettura “Ma il pregiudizio fondamentale è che l'ordine, la perspicuità, la sistematicità debbano inerire al vero essere delle cose, mentre il disordine, il caos, li insondabilità deriverebbero solo da una mondo falso e non completamente conosciuto; questo però è una pregiudizio morale ricavato dal fatto che l'uomo veritiero e degno di fede suol essere un uomo dell'ordine, delle massime ed in complesso qualcosa di prevedibile; ora però non è affatto dimostrabile che il sé delle cose sia conforme a questa ricetta di funzionario modello”
Nietzsche cerca di dimostrare come sia molto più essenziale la menzogna che la verità, perché il mondo essenzialmente e il luogo della maschera e la maschera è nascondimento e menzogna, nel tentativo di nascondere ciò che effettivamente un ente in generale è.
Questa concezione dell'irrazionalità e della dimensione tragica come fondamentale di Nietzsche la esprime già nella sua prima opera, ovvero la nascita della tragedia.

La nascita della tragedia
Quest’opera viene fatta risalite storicamente al periodo filologico, perché in questo periodo Nietzsche è ancora professore all'università di Basilea e anche lui la presenta come un'opera filologica anche se essenzialmente è un'opera filosofica. Quest'opera però viene anche fatta risalire al periodo nel quale il pensiero di Nietzsche è influenzato dalla musica di Wagner e dalle opere di Schopenhauer; di questo Nietzsche si rammaricherà e anzi si rimproverava di non essere riuscito a liberarsi dalle influenze kantiane e schopenaueriane e soprattutto di aver confidato nella musica di Wagner come la forma suprema dell'arte il guanto riproposizione della tragedia attica.
Lettura “Come lamento adesso di non aver”
Nietzsche ci spiega che è vero che nella nascita della tragedia c'è un riferimento a Schopenhauer e a Wagner, ma è più una questione terminologica e di linguaggio che non di teoria, perché le idee sono già sue e personali e anzi sono già molto distanti dal pensiero di Schopenhauer.
Sia Schopenhauer che Nietzsche, come abbiamo detto, individuano nella dimensione tragica la dimensione essenziale dell'uomo, la differenza sta nel fatto che mentre per Schopenhauer la consapevolezza del dolore si muove già in direzione della rassegnazione, per Nietzsche si muove in una direzione della capacità di esprimere il si alla vita e quindi non di dire no (come Schopenhauer) ma di esprimere appunto quella che Nietzsche chiamerà volontà di potenza, ovvero la volontà di affermazione dell'individuo.
Però secondo Nietzsche c’è qualcosa di ancora peggiore in questa sua prima opera, ovvero l’aver confidato nella musica di Wagner in quanto riproposizione della tragedia greca, che per Nietzsche rappresentava la suprema e mai più raggiunto forma di manifestazione artistica, in particolare la tragedia attica (in particolare quella di Euripide), nella quale l'arte raggiunge il suo massimo risultato perché l'arte greca è l'unica che in qualche modo permette di fare i conti con la tragicità dell'esistenza. Ovvero nell'arte tragica greca, che è piena dell’elemento dionisiaco, si esprime la forma più alta dell'umanità per quanto concerne la capacità dell'uomo di relazionarsi con il dolore e con il tragico della vita; questo perché la tragedia greca ha come fondamento la volontà di rappresentare, come le feste di Dioniso, l'elemento più profondo della natura umana, che è un elemento di ebbrezza ed esuberanza vitale e sessuale. Infatti in questo elemento dionisiaco si rivela ciò che si pone al fondo dell’esistenza, questa pulsione profondo e irrazionale, che riesce ad esprimersi in un modo adeguato perché riesce ad armonizzarsi con un altro spirito che anima la tragedia greca, che è lo spirito apollinio. Laddove Dioniso rappresenta l’esuberanza e l’oscurità pulsionale e vitale dell’uomo, Apollo rappresenta l’elemento della chiarificazione e dell’ordine; la tragedia greca rappresenta quindi la compiuta armonizzazione di questi due elementi, dove l’elemento apollinio si pone alle dipendenze di quello che è l’elemento essenziale della vita umana, che è l’elemento dionisiaco, e ne rappresenta solo la capacità di formularsi in un’opera artistica. Da questo incontro nasce la tragedia attica, che era forma suprema dell'arte.
Lettura “Che così si intenda per dionisiaco?”
La tragedia nasce con il rapporto con ciò che è annientante e da ciò che rappresenta le forme di dolore dell’esistenza, ma che rappresentano anche la spinta in direzione della vita che è propria dell’uomo.
La tragedia nasce solamente da una salute, da una forza, da una pienezza che proprio perché è tale saprà competere con questa dimensione tragica.
Il fatto che Dioniso assumi la forma di capro e di uomo ci spinge a pensare che l'elemento dell'animalità, quello che ci caratterizza in quanto enti naturali, è un elemento fondante della nostra esistenza; questo appartenere alla natura e alla vita è qualcosa di prioritario rispetto al tentativo di chiarificare l'essenza della nostra natura, che è proprio di invece dell'elemento apollinio.
La tragedia attica greca rappresenta la capacità di sintesi perfetta di questi due elementi, in cui nessuno dei due ha il sopravvento sull'altro, dove esiste una priorità del dionisiaco, che però si esprime in modo comprensibile grazie all’elemento apollinio e dove l’apollionio arresta se stesso a questa funzione, che è una funzione essenzialmente strumentale, ovvero una funzione ordinatrice e chiarificatrice che permette di mettere in scena gli aspetti più oscuri della natura umana (Oreste, Edipo, Elettra, eccetera); la tragedia esprime quindi quegli elementi che non possono essere sciolti in modo razionale perché fanno parte di qualcosa di pulsionale.
Anche in questa distinzione tra dionisiaco ed apollinio è facile identificare una riferimento a Schopenhauer perché anche in questo caso siamo di fronte a una concezione dualista, infatti l’apollinio rappresenta l’elemento della conoscenza mentre il dionisiaco è la volontà di vita. Tuttavia c'è una differenza sostanziale infatti in Nietzsche, almeno originariamente, questo rapporto tra apollinio e dionisiaco non è necessariamente di opposizione e di contrasto ma è un rapporto di necessaria cooperazione, infatti l’apollieio acquista il suo significato soltanto in rapporto al dionisiaco e nella sua trasformazione e simbolizzazione, così come il dionisiaco acquista la sua possibilità di essere espresso attraverso la traduzione da un punto di vista linguistico ed intellettuale dell’apollinio.
Inoltre secondo Nietzsche la tragedia greca rivive nella musica di Wagner perché si ripresenta questa capacità di unificare l'elemento dionisiaco con l’elemento apollinio. Tuttavia la tragedia di Wagner diventerà troppo morale e la stessa cosa succede alla tragedia attica, che muore suicidatosi.
Lettura “La tragedia greca si spense”
Le altre forme di arte classica si esaurirono quando persero la loro pulsione vitale e quando avevano già generato qualcosa che le sostituiva, quindi una muore di morte naturale, la tragedia attica invece muore in un modo tragico per suicidio e quindi è morta per colpa di un tragediografo, in particolare è stato Euripide perché ha rappresentato il venir meno della perfetta armonia tra elemento dionisiaco ed elemento apollinio, privilegiando l’elemento apollinio, infatti la tragedia euripidea, attraverso alcuni elementi (come il prologo e del deus ex macchina, ovvero della divinità che è posta a riordinare gli elementi della tragedia) ha introdotto elementi intellettualistici in modo esagerato all'interno della tragedia, in pratico ha voluto chiarificare troppo perché voleva scongiurare la pericolosità del dionisiaco.
Ecco perché in realtà il vero colpevole della morte della tragedia non è Euripide ma lo spettatore ideale della sua tragedia, ovvero Socrate, infatti Euripide non fa nient'altro che applicare la volontà di chiarificazione e di razionalizzazione che è proprio dell'atteggiamento socratico.
Lettura “Socrate, che è l’eroe dialettico”
Il razionalismo socratico, come tutti gli ottimismi teoretici, che attribuiscono alla ragione dell'uomo la possibilità di ordinare per scongiurare gli elementi funzionali e vitali, cacciò il tragico dal palcoscenico della tragedia, infatti, attraverso la virtù e la ragione si può scongiurare ogni elemento di oscurità e d'ignoranza.
Però in realtà Socrate fa ciò perché è malato, ovvero il fatto di essere debole e di non avere la forza adeguata per poter sopportare la responsabilità di gestire autonomamente i propri istinti vitali (e non avevano abbastanza forza per imporsi sugli altri) la ha spinto ad inventa la filosofia e quindi la ragione, la razionalità e quindi la morale, dividendo ciò che è bene (che era tutto ciò che va in direzione della debolezza come la solidarietà e l'ascetismo) e ciò che è male (l'individuo, la forza dell'affermazione degli istinti vitali). In Socrate si esprime per la prima volta “l’esercizio di morte” di Platone e proprio questo caratterizza il fatto che tutta la filosofia occidentale vada in direzione della morte.

Questa critica che Nietzsche rivolge all’ipertropico sviluppo della dimensione razionale in una delle quattro considerazioni il inattuali Nietzsche lo associa ad un altro aspetto, ovvero all’ipertrofia che il concetto di storia ha assunto all'interno della tradizione soprattutto tedesca con il pensiero hegeliano (che in quest’opera è il referente della critica di Nietzsche) e con il pensiero positivista e marxista (perché tutti e tre questi sistemi sono caratterizzate dalla fiducia nel progresso della storia e quindi della sua razionalità che si muove in direzione del meglio).
Questa critica allo storicismo viene compiuta nella seconda delle considerazioni inattuali, che si intitola “Saggio sull'utilità e il danno della storia sulla vita”; già il titolo ci fa capire che la storia non è solamente dannosa, quello che invece è dannoso è il fatto che c'è troppa storia e soprattutto questa troppa storia (intendendo per troppa storia la tendenza costitutiva dell'uomo a voler ricordare qualsiasi cosa e a voler aumentare la propria mole di ricordi) è qualcosa che fa male all’uomo, anzi è uno degli elementi che fa sì che l'uomo si differenzia dagli altri animali per il fatto di essere un animale essenzialmente tragico, ovvero un animale storico.
In questo brano Nietzsche affronta la questione del perché l'uomo soffre e gli altri animali no e cerca di raccontarlo attraverso una metafora.
Lettura “L’uomo chiese una volta all’animale”
Gli animali sono felici perché dimenticano e sicuramente l'animale non alla memoria così come ce l'ha l'uomo, infatti l'uomo è l'animale che ricorda; questo rappresenta un problema perché la memoria è pesante (mentre l’animale è leggero), infatti la memoria è formata da un insieme di esperienze che ci portiamo dentro e che non cancelliamo e che quindi rappresentano un peso della nostra anima e della nostra vita. La felicità consiste quindi nel stare nell'attimo, come se tutta la nostra vita si riversasse in quell'istante, il che significa vivere nella dimensione del divenire mentre la memoria vive nel permanere.
L’attimo vuol dire, dal punto di vista della vita, vivere nella dimensione del divenire, che soprattutto rappresenta l'accesso all'altra dimensione, che è una dimensione extratemporale, che è quella dell’eterno presente.

Ora naturalmente la storia non è solo negativa perché è anche utile, ovvero la vita per poter compiere delle scelte consapevoli delle fare anche in riferimento alla storia.
Lettura “Che la vita necessita della storia”
Noi siamo enti che non dimenticano e quindi la storia è qualcosa che ci caratterizza per tre aspetti:
·         l’uomo in quanto essere attivo che ha delle aspirazioni
·         l’uomo è un essere che si lega agli avvenimenti del passato e poi ne rimane venerante
·         l’uomo è un essere bisognoso che ha bisogno di liberazione e che quindi vuole liberarsi da questo passato
Questi tre elementi sono importanti perché da questi tre elementi derivano tre tipi di storia per Nietzsche:
1.       La storia monumentale è quella che guarda ai grandi eventi della storia o i grandi gesti dei personaggi storici, questo tipo di storia è importante perché in qualche modo ci fa capire che la grandezza è possibile
2.       La storia antiquaria o venerante cerca di mantenere quei valori o quelle condizioni di civiltà a cui la storia è giunta, questo ci permette di non cancellare quei valori e quelle forme di civiltà che hanno creato le vestigia monumentali
3.       La storia e critica permette invece di giudicare e quindi di scegliere quello da ricordare e quelle invece da eliminare, inoltre ogni elemento della storia può essere giudicato per vedere se è stata una spinta in direzione della vita o è stata una spinta in una direzione della diminuzione della vita
(Nietzsche dice anche che “ogni cosa che esiste è degna di morire” e “vivere ed essere ingiusti sono una cosa sola”)

Quindi la storia è anche importante ma Nietzsche non critica la storia ma critica l’ipertrofismo della storia del positivismo, del marxismo e dell’hegelismo, perché troppa storia porta ad una saturazione di storia, ovvero la cultura viene saturata dalla storia e provoca 5 conseguenze:
1.       La saturazione della storia provoca che si dà più importanza all’esterno, ovvero quello che è già avvenuto, rispetto all’interno, che è quello che concretamente possiamo realizzare
2.       Poiché lo storicismo crede che la storia si muova sempre in direzione del meglio ciò significa che oggi quello che esprime la nostra cultura e la nostra società è sicuramente meglio di ciò che c'è stato prima; da questo nasce una vana gloria di considerare la cultura egemone come superiore a tutte le altre
3.       questa importanza data alla dimensione collettiva all’interno della storia rappresenta un ostacolo al perfezionamento del singolo perché sa che il suo senso e la sua giustificazione comunque la assumerà nella dimensione della totalità e della storia
4.       La saturazione di storia porta alla credenza di essere l'ultimo momento di compimento di un processo che comunque si presenta come sostanzialmente collegato in tutte le sue fasi
5.       a causa di questo eccesso un'epoca incorre nella pericolosa disposizione intima dell'autoironia, e da essa in quella ancora più rischiosa del cinismo: ma in una tale disposizione va maturando sempre più verso una prudente ed egoistica prassi a cagione della quale le forze vitali sono bloccate ed infine annientate

Il bersaglio a cui si rifà Nietzsche quando parla di saturazione della storia è naturalmente Hegel, in quanto teorizzatore di quello storicismo che per certi versi verrà ripreso da altri sistemi che sono quello positivista e quello marxista, perché entrambi prendono la convinzione che la storia sia razionale e che si muova in direzione del meglio.
Nietzsche identifica quello che non va nel paradigma hegeliano e ne parla nel frammento relativo alla morte di Raffaello. Raffaello era morto a trentasei anni e secondo il paradigma hegeliano la sua morte deve avere un senso, per esempio potrebbe essere che le opere che avrebbe fatto se non fosse morto non avrebbero avuto la stessa grandezza delle prime. Per Nietzsche la morte di un genio a trentasei anni dimostra soltanto che i fatti sono stupidi ed ignoranti, non necessariamente hanno un senso e anzi molto spesso sono insensati.
Solamente se si parte dal presupposto che non tutto ha un senso si riesce a valutare la storia per quello che ha di utile ed a evitare il danno laddove cerchi far rientrare tutto all’interno di una unica realtà razionale che tutto giustifica.

Le considerazioni inattuali rappresentano anche il congedo dalla prima fase, che è caratterizzata dal forte condizionamento della figure di Wagner e Schopenhauer, e l'opera successiva ci introduce già nella seconda fase del pensiero di Nietzsche, una fase uno po' particolare che viene definita illuminista o positivista, una fase i cui scritti vengono anche definiti gli scritti del mezzogiorno per la loro chiarezza, la perspicuità e caratterizzate da una fiducia di nella ragione.
La cosa più importante è che questi scritti (che sono “Umano troppo umano”, “Aurora” e i primi quattro libri della “Gaia scienza”) rappresentano un distacco definitivo dalle figure di riferimento che hanno caratterizzato la prima fase del suo pensiero.
La distanza da Schopenhauer però era già implicita nella “Nascita della tragedia”, già nel pensiero originario di Nietzsche (mentre Schopenhauer aveva trovato come unica risposta la non voluta, Nietzsche si muove in direzione del dire di sì alla vita).
Molto più traumatica, anche per la storia personale, fu la rottura con Wagner, che avviene più o meno nel 1878 anno in cui Nietzsche pubblica “Umano troppo umano”. Questa rottura è determinata non solamente dalla freddezza con cui Wagner accoglie “Umano troppo umano”, ma soprattutto perché la nuova fase di produzione musicale e lirica di Wagner rappresenta uno tradimento dei presupposti precedenti; questo è l’anno in cui Wagner scrive il Parsifal (che è la prima parte della saga dell’anello del Nibelungo) e in questa saga Nietzsche scorgeva una tradimento rispetto alla produzione artistica precedente perché secondo lui la megalomania lo spinge a corrispondere a quelli che sono i voleri del popolo tedesco.
Lettura da Ecce homo “Gli inizi di questo libro”
Questa lettura ci dimostra inoltre che Nietzsche non corrisponde a quella interpretazione pangermanista dei suoi scritti, infatti l'elemento di rottura con Wagner si trova nel esagerato nazionalismo che lo spinge a scrivere questa saga, la quale vuole rappresentare le origini del popolo tedesco.
In questo brano Nietzsche parla di Beyreuth, che è una cittadina tedesca, che è sede del festival wagneriano; lo spirito che egli vede qui è completamente diverso da quello che si respirava a Tribschen a casa di Wagner quando aveva iniziato a comporre i suoi primi lavori.
La prima colpa di Wagner era quella di essere diventato troppo tedesco, di essersi fatto emblema di questa cultura popolare tedesca (dell’etos tedesco), ma Nietzsche non si allontana da Wagner solo per questo motivo, infatti Wagner era anche diventato troppo cristiano (Parsifal era un cavaliere della tavola rotonda che si pone alla ricerca del santo Graal), tradendo lo spirito dionisiaco che invece animava la tragedia greca.

A dimostrazione di questa volontà di staccarsi dalla cultura dominante in Germania Nietzsche dedica “Umano troppo umano” a Voltaire; ora Voltaire era francese e dedicare un’opera a un a francese nella Germania di questo periodo è volutamente oltraggioso nei confronti di questa cultura nazionalista (tra l’altro in Ecce homo lui stesso dice di essere troppo francese per questa cultura).
Ora Voltaire era un illuminista e questo ci fa capire perché i testi che appartengono a questa seconda fase vengono definiti illuministi; ma in realtà lo spirito illuminista di Nietzsche è molto distante da quello degli illuministi francesi perché l’unica cosa che si può dire che segni una rottura con l’epoca precedente è che Nietzsche è consapevole, e abbandona la convinzione che condivideva con Wagner, che l’arte sia l’unica forza capace di farci progredire e di dare un senso alla nostra esistenza.
Quindi Nietzsche concepisce una rivalutazione della conoscenza intellettuale e per certi versi anche della scienza, ma questo non ci deve far credere che Nietzsche aderisca a una visione scientista o positivista della vita (a una fiducia nel progresso dell'umanità). Il problema è che l'arte non può essere presentata come forma assoluta perché anche l'arte come tutti gli altri valori e come tutti gli altri sistemi che vogliono presentarsi come delle panacee assolute fallisce, perché non si rende conto che anche lei è troppo umana ovvero a una origine umana.
Si potrebbe dire che gli scritti del mezzogiorno sono quegli scritti che si pongono contro tutti gli ismi, dallo storicismo, all’hegelismo, al nazionalismo, al socialismo, al positivismo e anche la romanticismo, che aveva elevato l'arte al modo supremo di vivere l’esistenza. E’ vero che Umano troppo umano sembra uno dei libri più ottimistici, ma la scrittura aforistica che compongono queste opere in una realtà esprimono un ottimismo che era necessario a una nuova riaffermazione del tragico; infatti Nietzsche e ritiene che non sia solamente l'arte in modo adeguato per affermare la propria vita in quanto a questo se ne aggiungono altri, tra cui la conoscenza.
A questo punto Nietzsche vuole demolire tutti i valori, vuole stabilire quella che lui stesso definisce all'interno di “Umano troppo umano” una chimica delle idee, che vuole quindi affrontare tutte le idee, che sono state presentate finora come delle idee che esprimono valori assoluti, e scoprire quali sono gli elementi che le compongono, fatto questo Nietzsche vuole compiere una indagine di tipo genealogico (ovvero un’indagine che va a studiare l’origine di queste idee), questa indagine è importante perché vedremo che all'origine di queste idee non c'è mai nulla di assoluto ma c'è sempre qualcosa di umano troppo umano, quindi tutte le idee di tutti i valori che si presentano come valori superiori in realtà nascono per volontà dell'uomo e quindi non possono pretendere di essere assoluti.
Lettura “La chimica delle idee”
Nietzsche si pone questa domanda, la stessa domanda che si era posta Eraclito, ovvero bene e male, razionale e irrazionale, materiale e spirituale, corpo e anima sono gli opposti ai quali si forma tutta la tradizione filosofica occidentale; ma come è che ad un certo punto si è arrivati a stabilire che un'opera è buona, mentre l'altra è cattiva? “ La filosofia metafisica ha potuto finora superare questa difficoltà negando che l'una cosa nasce dall'altra e ammettendo per le cose stimate superiori una origine miracolosa, che scaturisce immediatamente dal nocciolo e dall'essenza della cosa in se”, la filosofia metafisica ha detto che in realtà ha detto che le cose superiori sono migliori perché esprimono l'essenza di una cosa e che trova la sua origine in un mondo superiore e perfetto (“in mente dei” nella tradizione cristiana, che rappresenta la massima rappresentazione della tradizione occidentale).
Questa indagine che va a ricercare quali sono le origini e le cause dei valori morali, estetici e religiosi, applicando il modello genealogico che secondo lui corrisponde al modello della fisica e delle scienze, scopre che questo distinzione non ha ragione di esistere e che comportamenti in direzione dell'altruismo o dell'egoismo non sono nient’altro che sublimazioni di uno stesso aspetto che è comunque essenziale della vita dell'uomo, ovvero il muoversi in direzione della vita. Quindi questo distinzione di valori, che ha posto alcuni valori al di sopra di altri valori in realtà non è nient'altro che una costruzione che si era affermato storicamente nell'ente nel pensiero occidentale con Socrate e Platone, e che da lì ha condizionato il modo di ragionare e di valutare comportamenti da parte delle generazioni successive. Questi valori quindi non sono più alti di altri, perché all'origine di questa distinzione si è posto un uomo che ha stabilito che sono tali.
È chiaro che a questo punto se i valori che sono la base di appoggio della cultura occidentale in realtà non sono valori assoluti ma sono soltanto valori umani, crolla tutto l'edificio che su questi valori si è costruito, tutto l'edificio che Nietzsche definisce metafisica occidentale, ovvero il pensiero occidentale che afferma l’esistenza di una realtà oltre la realtà del mondo terreno che abitiamo e che giustifica la dignità di questi valori.

Ecco che solamente uno spirito libero può compiere questa indagine è a questo punto si passa alla terza fase del pensiero di Nietzsche, che è la fase della super uomo e dell'eterno ritorno dell'identico, che naturalmente non può che essere introdotta dall'annuncio della fine di questa metafisica occidentale, annuncio che Nietzsche identifica con l'annuncio della morte di Dio.
L’annuncio della morte di Dio in realtà appartiene ai capitoli che fanno parte della fase illuminista della “Gaia scienza”.
Lettura “aforisma 125 L’uomo folle”
In questo frammento Nietzsche parla di un uomo con una lanterna che un giorno andò al mercato e annunciò la morte di Dio, quelli che lo sentono pensano che questo sia un folle e gli chiedono dove sia andato.
L’uomo folle spiegò che sono gli uomini che hanno segnato il congedo da una vecchia umanità che era quella che trovava ancora senso in questi valori, rispetto a una nuova umanità che invece è segnata da quello che Nietzsche che chiamerà il super uomo.
L’annuncio della morte di Dio (che rappresenta la fine dei valori della metafisica occidentale) apre un abisso perché tutti i parametri che funzionavano nell'epoca precedente vengono meno e l'uomo non sa più cosa fare. Gli uomini hanno ucciso Dio (perché sono stati loro a crearlo) e per assumersene il peso gli uomini devono farsi Dio, per riuscire a comprendere fino in fondo cosa si nasconde dietro questo tipo di annuncio e per comprendere ciò c'è bisogno di tempo e c'è bisogno di comprendere che tutti gli edifici che si fondavano sull'esistenza di Dio di sono trasformati nei suoi sepolcri.
Naturalmente Dio, che non corrisponde a un Dio come quello cristiano, rappresenta la fine della metafisica occidentale, che si identificava nell’idea platonica della distinzione ontologica tra il mondo perfetto e quello imperfetto e quindi la morte del Dio cristiano rappresenta la fine del senso per l’umanità.
Ora se finisce il senso che tutti questi valori davano all’uomo, il compito che spetterà all'uomo che verrà sarà quello di rifondare questo senso e quindi di ridare senso alla propria esistenza, questo senso alla propria esistenza ogni uomo lo dovrà trovare da sé. Ecco perché l'annuncio della morte di Dio rappresenta si una cosa che atterrisce ma è anche una cosa che apre a nuovi orizzonti.
Di questo Nietzsche che ne parla sempre nella Gaia scienza negli ultimi quattro aforismi del quarto libro e nel frammento 343, richiamandosi alla morte di Dio, che s'intitola “Quel che significa per la nostra serenità”.
L’annuncio della morte di Dio rappresenta l’inizio di quello che poi verrà chiamato il nichilismo europeo, ovvero l'entrata dell'Europa all'interno di questa nullificazione di tutti i valori. L’annuncio della morte di Dio in realtà per gli spiriti liberi non è solamente un messaggio che atterrisce ma anzi può essere colto come una messaggio di libertà che ci permette di riprendere la navigazione per ridarsi un senso, ridandosi da solo i propri valori, questo è il super uomo colui che vive in un modo tale da non poter più essere eterodiretto (diretto dagli altri, dalla tradizione e dalla cultura di riferimento), che si assume il compiti di trasvalutare i valori (ovvero dare un nuovo valore), che sono valori che lui si dà. Compito che spetta al super uomo, anzi al fanciullo che rappresenta l'ultima trasformazione della super uomo, sarà quella di diventare il Dio della sua esistenza.

Il super uomo viene ufficialmente presentato da Nietzsche nella sua opera più famosa, ovvero “Così parlò Zarathustra”, che è composto da capitoli che sono quasi della narrazioni fabulistiche con un elemento parodistico nei confronti del nuovo testamento. In questo libro il profeta Zarathustra (profeta di una religione orientale) si presenta come l'annunciatore di una buona novella, che è il super uomo.
Solo che questa metamorfosi che lo spirito deve realizzare per riuscire ad essere autenticamente se stesso è presentata nel primo capitolo che l’intitola “Delle tre metamorfosi” e come vedremo il super uomo che ha compiuto queste tre trasformazioni per Nietzsche si presenta sotto le sembianze di un fanciullo, trasformandosi prima da cammello in leone e da leone in fanciullo, perché solo il fanciullo sa superare “l’io voglio” e capisce che non si può che volere dire di sì alla propria vita.
Lettura “Delle tre metamorfosi”
Lo spirito del cammello che sopporta costantemente un peso che corrisponde al “tu devi” è identificato da Nietzsche nell’uomo che è inserito nella tradizione occidentale e che deriva dalla morale platonico-cristiana che per Nietzsche coincide con la metafisica occidentale; il cammello è l’uomo che obbedisce ai valori della tradizione metafisica occidentale.
La seconda figura dello spirito rappresenta l'uomo che si libera e diventa leone, il leone rappresenta lo spirito che si afferma attraverso “l’io voglio” tanto che combatte contro un drago che invece rappresenta il “tu devi” (ricorda la morale kantiana). A questo punto si potrebbe dire che siamo nella dimensione della super uomo, ma non ci si può formare al leone perché il leone corrisponde al io voglio però non si sa neanche cosa volere; a questo punto la massima manifestazione dello spirito e del super uomo è il fanciullo, perché è colui che sa dire di sì alla vita e lo dice in modo creativo, perché è il dire di si originario, quello che dà inizio a una nuova era (non come l’asino che dice un si di accettazione perché non è creativo), un si che quindi dona un senso alla propria esistenza. Solo il fanciullo cosmico o fanciullo di Zeus è l’espressione autentica di quello che dovrebbe essere il super uomo, quello che vuole far diventare la propria vita una sua creazione dandosi dei valori, perché Nietzsche ritiene ed afferma una nuova concezione del tempo che trascende la dimensione lineare e riaffermando una concezione del tempo circolare tipica dei presocratici, che è l'unica che apre alla dimensione che per Nietzsche rappresenta lo scopo della sua filosofia, ovvero è la dimensione dell'eterno.
Entriamo quindi nel pensiero per eccellenza di Nietzsche, che è quello che lo stesso Nietzsche definisce il pensiero abissale e che è il pensiero dell'eterno ritorno dell'identico.
Lettura frammento 341 “Il peso più grande”
In questo frammento Nietzsche afferma per la prima volta il suo pensiero abissale e lo annuncia con un titolo che ci fa capire l'abissalità di questo pensiero.
In questo frammento Nietzsche afferma per la prima volta una concezione che secondo lui è reale, secondo la quale tutto ciò che noi viviamo, vivemmo e vivremo è destinato a ritornare così come l'abbiamo vissuto, ecco perché l'eterno ritorno dell'identico. Si capisce anche perché allora alla dimensione della super uomo, che in qualche modo può gestire questo pensiero così profondo, è quella del dire di sì; ciò significa dire di sì a ogni singolo istante della propria vita perché ogni singolo istante della mia vita ritornerà in eterno ed è destinato all'eternità. Potremmo dire che è Nietzsche prende dalla tradizione occidentale il concetto di eternità che veniva affidato ad uno mondo ultrà terreno e lo colloca all'interno della vita terrena, perché il tempo è circolare e tutto è destinato a ritornare.
Questo è un pensiero abissale e pesante perché tutto quello che compriamo deve essere degno di sfidare l'eternità al quale è destinato, ma al contempo ci fa capire che l'unica divinità che ha potere sulla nostra vita siamo noi stessi.

Nietzsche parla dell'eterno ritorno dell'identico in un altro brano di “Così parlò Zarathustra”, dove i protagonisti che discutono riguardo all'eterno ritorno dell'identico sono Zarathustra e un nano (che rappresenta la decadenza dell'uomo occidentale).
Lettura “Alt, nano! Dissi. O io! O tu!”
Il nano sta sulle spalle di Zarathstra perché in questo modo può vedere più lontano anche dello stesso Zarathustra; però Zarathustra si arrabbia con il nano perché non capisce come questa teoria della circolarità del tempo sia in realtà qualcosa di veramente pericoloso, qualcosa da non prendere alla leggera. I due arrivano a una porta carraia, che è attraversata da una strada, la quale ha una caratteristica ovvero il fatto che il sentiero che porta alla porta carraia e una sentiero senza fine ed il sentiero che parte dalla porta carraia è un sentiero senza fine, in realtà questi due sentieri si incontreranno perché la realtà e il tempo sono circolare e solo così può essere definito eterno. Sulla porta però c'è scritto “Attimo”, perché l'attimo esprime le caratteristiche essenziali di questa dimensione extratemporale perché l'attimo è il presente e l'eterno è caratterizzato dal non trascorrere, ovvero è sempre presente. Questo attimo che io trascorro è in un eterno presente perché è destinato a ripresentarsi esattamente così come infinite volte; ma ancora più importante è la parte onirica perché è come se questa nuova esperienza con l'eterno ritorno dell'identico gettasse Zarathustra in una dimensione al di fuori della realtà, ma soprattutto serve a Nietzsche per affrontare l'ultima scena, ovvero quella del pastore che aveva una serpente in bocca (il serpente è insieme all'Aquila uno degli animali di Nietzsche perché entrambi si caratterizzano di questa loro affinità con la circolarità, ma anche perché il serpente è astuto e l'aquila è simbolo della volontà di potenza, ovvero la volontà di dire sì alla propria vita e di assumersi il peso e la responsabilità della propria vita), in questo caso però il serpente simboleggia l'eterno ritorno dell'identico e Zarathustra cerca di tirare fuori il serpente dalla bocca del pastore, ma non ci riesce e allora gli da un consiglio che è anche l'atteggiamento che il super uomo deve avere, ovvero gli suggerisce di mordere e staccare la testa serpente, ciò significa che la testa rimarrà dentro la buca del pastore e quindi ciò significa anche accettare l'eterno ritorno dell'identico e quindi accettare di assumersi la responsabilità di eternare la propria esistenza diventando il Dio della propria esistenza. Ora poiché, come abbiamo detto, il concetto di divinità acquisisce anche il concetto di dare un senso alla propria vita e poiché il senso nella tradizione occidentale si è sempre definito valore, ecco perché l'ultima parte nella quale si afferma la teoria dell'eterno ritorno dell'identico sono quelle nelle quali viene detto che Nietzsche compie la trasfalutazione di tutti i valori, ovvero rivalutare i valori per stabilire una nuova gerarchia tra i valori e vedremo che questo ha a che fare con la morale.

Abbiamo dentro degli scritti che seguono “Così parlò Zarathustra” hanno tutti più o meno argomenti di tipo morale e in particolare sono fondati su una critica della morale precedenza, anzi in realtà questi scritti, che avrebbero dovuto fare parte di un’opera intitolata “Trasvalutazione di tutti i valori”, si prefiggono il compito di modificare e superare definitivamente i valori precedenti, che presumevano di presentarsi come assoluti e invece si è dimostrato sono essenzialmente umani e storici, con dei nuovi valori. Nuovi valori che corrispondano a quella capacità di dire di si alla vita propria del fanciullo cosmico, ovvero il compimento del super uomo.
Quindi ecco che iniziano a contrapporsi due morali, però per Nietzsche questa nuova morale dovrebbe essere la riproposizione della vecchia morale che caratterizzava l’epoca greca (quella prima del pensiero occidentale e della metafisica) e questa riproposizione porta Nietzsche a contrapporre due tipi di morale, una morale che Nietzsche definisce morale degli schiavi, che è quella che imperava ancora l’epoca di Nietzsche (che si era affermata con la metafisica occidentale e soprattutto con la massima manifestazione della metafisica occidentale e nella fiducia dell’oltremondo che è il cristianesimo). A questa morale si contrappone una nuova e vitale morale che dice di sì a tutti gli impulsi vitali e che Nietzsche definisce morale dei signori o dei padroni.
Lettura frammento 260 da Aldilà del bene e del male “Andando fra le molte morali”
In questo frammento Nietzsche evidenza le differenze fra le due morali e definisce quali sono le caratteristiche della morale dei signori (i signori sono coloro che sanno affermare se stessi nella vita terrena, ovvero che hanno la capacità e hanno capito che l'unica cosa che possiamo fare per accedere all’eternità è quella di eternare la vita).
Questi due tipi di morali sono due morali che pur essendo contrapposte possono anche coesistere, anzi le civiltà più evolute sono quelle nelle quali esiste una sorta di ordito che lega la morale dei signori con la morale degli schiavi. Tuttavia le differenze morali derivano da una diversa struttura assiologica e la struttura assiologica di ogni civiltà può essere determinato o dai dominatori, e allora verranno considerati dei valori alcune cose, o dagli schiavi e chiaramente i valori saranno modificati. La morale dei signori è quella che sancisce come valori la dignità dell'anima, ovvero la dignità dell'individuo e l'insieme delle qualità che caratterizzano l'individuo e che lo fanno eccellere rispetto alla mediocrità, che gli permettono di dominare questi gli istinti più bassi che caratterizzano l'uomo, non negandoli ma dominandoli, quindi sono le caratteristiche individuali che stabiliscono l'ordine gerarchico. Da notare che all'interno di questa morale buono e cattivo hanno un significato completamente diverso da quello acquisito nella tradizione occidentale, infatti buono è nobile mentre cattivo è spregevole, mentre oggi buono è colui che generoso, disponibile eccetera.
La morale degli schiavi è invece quella morale che viene imposta dai deboli, da coloro che non hanno la forza di affermarsi sulla propria vita e sulla propria esistenza; e proprio per questa situazione di sofferenza stabiliscono una scala di valori invece che sulla forza dell'individuo su basa sugli elementi della solidarietà, dell'umiltà e dell'aiuto reciproco; questa nuova scala si basa quindi sul quelli elementi fanno sì che acquisti valore ciò che è quantitativamente numeroso rispetto al ciò che è qualitativamente degno. Per questo la morale degli schiavi e definita una morale utilitaria perché si basa sulla quantità, infatti poiché non hanno la forza di affermarsi in base alle loro qualità trovano e affermano questa forza sulla quantità del loro numero. Proprio in questa essere utilitaria e quindi agire in direzione di un utile la morale degli schiavi non può che essere inadeguata, infatti il signore è colui che sa agire anche contro i propri interessi, che è potente e sceglie di non agire tale potenza perché è lui che lo impone a se stesso, il signore sa anche agire in direzione della carità ma non lo fa perché glielo impone la società ma perché lui vuole (questo significa diventare responsabili della propria vita secondo Nietzsche).
L'elemento più importante della morale degli schiavi, quello che per certi versi la rende negativa, è il fatto che la morale degli schiavi è quella che Nietzsche definisce una morale del risentimento, infatti nasce dal risentimento e non nasce dall'amore, anzi nasconde dietro la parola amore quella che è invece l'emozione originale da cui trae origine, ovvero il risentimento dei deboli rispetto ai forti.
Lettura da Genealogia della morale “Tutti gli istinti che si scaricano all’esterno”
All’inizio l’elemento interiore è sottilissimo poi diventa sempre più spesso, l'uomo guarda sempre di più dentro di sé e sempre meno agisce verso l'esterno, infatti tema fondamentale della morale socratica era conosci te stesso, ma fare di questo conosci te stesso l’imperativo fondamentale della morale umana ha spinto l'uomo dalla dimensione esterna a considerare ciò che c'è all'interno e da qui nasce il risentimento derivante dall’interiorizzazione.
Quella limitazione su cui si basa la libertà dello stato civile hanno determinato che l'impossibilità di esercitare questo imperio su di me e sulla mia vita si è rivolta verso l’interno, l’anima divenne così il carcere del corpo, nel senso che dentro l'anima e dentro l'interiorità è stato incarcerato tutto quella serie di istinti di pulsioni in direzione della vita che stavano a fondamento della condizione umana. Questa nuova condizione della dall’anima e dell’interiorità ha dato origine al risentimento e alla cattiva coscienza (che deriva dalle caratteristiche dell'uomo malato); da questa situazione nacque l'uomo del “tu devi” e del risentimento, che caratterizza ancora oggi la cultura occidentale.

Quindi la morale in vigore è da ricacciarsi perché innaturale perché contro la natura dell’uomo, perché va in direzione contraria della vita, e una morale che sa dire di no e che impone il no, un no agli impulsi vitali che invece l'uomo morale sa dominare e ai quali dice di si.

In queste ultime opere le parole di Nietzsche che iniziano a diventare sempre più pesanti e incominciano ad emergere anche quei segnali dell'aggravarsi della malattia mentale (che poi è sifilide). Questa follia che prima si manifestò con i biglietti della follia e poi con 10 anni di incoscienza ha dato l'opportunità ai critici di interrogarsi sulla relazione tra gli scritti filosofici di Nietzsche e la sua follia; tanto che nel 1903 uno psicologo arrivò ad affermare che tutta l'opera filosofica e letteraria di Nietzsche sarebbe segnato dalla follia. Anche se potrebbe essere il contrario, ovvero che è proprio l'ultima filosofia di Nietzsche, soprattutto il super uomo e l'eterno ritorno dell'identico, hanno avuto un effetto psicogeno, aggravando la follia di un uomo di per se psicologicamente molto fragile.

Come abbiamo detto i biglietti della follia, sembrerebbero le allucinazioni di un folle, ma, al di là di queste identificazioni di Nietzsche con tutti i personaggi importanti dell'epoca contemporanea e anche delle epoche precedenti, si trova qualcosa di più profondo, soprattutto nell'ultimo biglietto, indirizzato a Burkart, fa emergere in modo chiaro e palese quello che si diceva sopra, ovvero quando Nietzsche esordisce dicendo che avrebbe voluto tanto continuare a fare il professore di filologia all'Università di Ginevra, ma non ha potuto sottrarsi al destino di diventare Dio. Questa si potrebbe leggere come una delle tante manifestazioni di megalomania di un pazzo, ma in realtà c'è qualcosa di più profondo perché è propriamente vero che la carriera filosofica di Nietzsche si conclude con il pensiero abissale, che comporta in qualche modo la necessità di farsi Dio, ovvero Dio della propria esistenza, e quindi comporta la necessariamente il diventare creatore di valori e di eternità e quindi il Dio della propria esistenza. Ognuno, all'interno dell'eterno ritorno dell'identico, è destinato a responsabilizzarsi in modo tale che ogni sua azione sia degna di diventare eterna.
Anche in quest'ultimo biglietto e presente qualcosa di illuminante ovvero la relazione tra il pensiero della follia, tra la necessità di diventare Dio e la follia.

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