giovedì 15 settembre 2011

Freud

Lasciamo Nietzsche e i cosiddetti filosofi del sospetto, così denominati da un filosofo del 900, in quando sono quei filosofi che mettono in discussione quello che era ritenuto il bastione inespugnabile del pensiero occidentale, ovvero la fiducia nella ratio e della coscienza. Anche questo autore da una picconata mica da poco a questo dominio della coscienza che si era affermato all'interno del pensiero moderno, anzi per certi versi è il picconatore più efficace perché non solamente ha inventato una disciplina ma anche perché alcune categorie che lui ha inventato sono diventate fondamentali nel nostro modo di interpretare la realtà. Questo autore e Freud, del quale prima di ogni cosa dobbiamo capire perché ne parliamo qui, infatti lui non è una filosofo ma nasce come medico iniziando la sua carriera come neurologo alla fine dell'800. In questo periodo la malattia mentale era ancora legata al dato fisio-anatomico, ovvero si riteneva che dipendesse da una lesione dell'organo, in questo caso il cervello o il midollo.
Ce ne occupiamo in filosofia perché innanzitutto lui stesso riteneva che con la creazione di questa nuova disciplina, ovvero il paradigma psico-analitico, di avere corrisposto la sua esigenza di filosofia, ma anche perché effettivamente il passaggio dal paradigma medico (per quello che riguarda le malattie nervose e mentali) al paradigma psicoanalitico rappresenta qualcosa di importantissimo anche all'interno dell'orizzonte filosofico.
Intanto andiamo a leggere come lui stesso identifichi questo cambiamento di paradigma un punto cruciale della sua riflessione e della sua attività di pensiero, che rappresenta per lui la possibilità di curare i suoi interessi filosofici. Freud scrive questa lettera a Fliess, dove annuncia anche la ricaduta filosofica di quello che si sta occupando.
Lettura “Spero che mi darà di ascolto”
In questo passaggio dalla medicina alla psicologia secondo Freud si compie questo passaggio a una questione anche di carattere filosofico perché anche per lui la psicanalisi non è una mero strumento terapeutico della nevrosi o della psicosi (nella nevrosi c'è ancora qualche contatto con la realtà mentre nella psicosi si perde questo contatto), ma rappresenta qualcosa di più, ad esempio una nuova visione antropologica, quindi una nuova concezione della struttura dell'uomo (basti pensare all'importanza che acquisisce la dimensione dell'inconscio, ovvero quel insieme di pulsioni che ci spingono ad agire in una determinata direzione di cui noi non siamo consapevoli), ma c'è anche una trasformazione della morale, infatti prima ogni comportamento era o buono o cattivo (era buono se andava in direzione del rispetto dei costumi e dell’etos, mentre era cattivo se andava in direzione contraria) ora in realtà è difficile sostenere che il soggetto sia sempre colpevole perché se noi siamo determinati a compiere delle azioni in modo inconsapevole è chiaro che questo determinismo comporta un cambiamento radicale della concezione morale, perché può essere ritenuto moralmente responsabile chi agisce in modo libero (ma secondo Freud noi non siamo mai veramente liberi). Si pensi anche all’importanza che assumono le pulsioni sessuali, anche nel bambino, e il fatto che non ci sia più una età della purezza. Questo cambia radicalmente il modo di guardare la realtà e questo è qualcosa di cui si occupa la filosofia e non solamente la medicina.
Il cambiamento di paradigma fa parte di un processo abbastanza lungo, Freud iniziò a studiare nello studio del più grande psichiatra del tempo, che si chiamava Meynert, quindi siamo ancora nella fase del Freud neurologo, perché appartiene ancora alla tradizione precedente, che studia la malattia mentale secondo quello che era l’approccio anatofisiologico del tempo. Questa collaborazione con Meynert è molto importante per Freud perché gli permette di acquisire e di impadronirsi di questo paradigma della fisiopatologia clinica, che rappresenterà per lui la terra di confine con questa nuova terra che è quella della psicologia e della psicanalisi.
Una prima svolta rispetto a questo tipo di approccio si ebbe nel 1885 quando Freud vince una borsa di studio con dalla quale può recarsi presso l'ospedale di eccellenza del tempo che si occupava dell’aspetto psicopatologico delle malattie mentali, che era l’ospedale parigino della Salpetriere (dove viene inaugurato la prima cattedra di una disciplina che si chiama clinica delle malattie e del sistema nervoso). Qui Freud inizia a lavorare alle dipendenze del neurologo Charcot e qui si agevola della possibilità di apprendere da questo quella perfetta integrazione che aveva determinato tra l'anatomia e la fisiologia, perché Charcot fu il primo a conoscere in modo adeguato la struttura cerebrale; ma soprattutto Charcot fu il primo a cominciare a dubitare che la malattia nervosa fossero necessariamente derivate dalla anatomia del sistema nervoso e che quindi si dovesse passare a stabilire una distinzione tra quelle malattie che potrebbero essere definite malattie mentali, in quanto derivate da una lesione organica, rispetto alle nevrosi, che presentavano caratteristiche degli differenti rispetto alle malattie organiche, e infatti in questo caso era più difficile individuare la lesione dell'organo (anche perché non c'era). Tanto che, come per le isteriche, si riteneva che fossero più rilevante il sistema nervoso periferico che non quello di celebrare, però spesso le isteriche, soprattutto nel momento di crisi, avevano delle vere e proprie paralisi fisiche, però non c'erano lesione dell'organo.
Una ulteriore tappa fondamentale per Freud fu quella di un viaggio che lui fece a Nanci, un'altra clinica, dove insegnavano due altri neurologi del tempo che si chiamavano Liebeault e Benhein. Questi due utilizzavano una nuova tecnica per curare le malattie nervose, ovvero l’ipnosi (portare il paziente a una situazione di incoscienza o di semi incoscienza, nella quale però sia possibile ricevere delle informazioni attraverso una narrazione che il paziente può fare in modo guidato dal terapista); anche alla Salpetriere veniva usata l’ipnosi, ma qui in modo diverso. Qui a Nanci Freud scopre che ci sono dei processi mentali (delle attività di pensiero o delle narrazione) che possono restare nascoste alla coscienza, ovvero che in stato di ipnosi i pazienti ricordano e narrano storie di cui non sono consapevoli nello stato di veglia. Questa scoperta è di fondamentale importanza perché si scopre che esiste una attività inconscia da parte del soggetto, ovvero che non tutto quello che si può identificare come il nostro patrimonio interiore è consapevole al soggetto stesso, anzi in realtà sembrava che le storie più compromettenti e forti per il paziente stesso fossero proprio quelle che erano narrate sotto ipnosi e non erano ricordate nello stato di veglia.
A Nanci Freud non si distacca completamente dal paradigma medico ma l'incontro con un medico viennese, che si chiamava Breauer, che curava le isteriche attraverso l'ipnosi con un processo particolare, ovvero cercando di ricondurle attraverso l'ipnosi a quella che potremmo definire la preistoria psichica del loro disturbo, ovvero della loro nevrosi.
Questo è di fondamentale importanza perché fa la comparsa un concetto fondamentale che poi servirà a Freud per costruire il nuovo paradigma, ovvero quello di memoria psicologica, perché la memoria psicologica dimostrava sostanzialmente che esisteva una dinamica all'interno della psiche, ovvero che la psiche umana non era qualcosa di statico o di fermo ma è qualcosa che ribolliva, attraversata dal dinamismo. Ma soprattutto compare un altro concetto ovvero che la malattia nervosa e una malattia della memoria. In questo momento cessa completamente il riferimento alla paradigma precedente perché la malattia mentale è una malattia dell'organo mentre la malattia nervosa è una malattia della psiche, ovvero della memoria psicologica. Questa ipotesi viene teorizzata per la prima volta negli “Studi sull’isteria” scritto nel 1885 insieme a Breuer.
Lettura “Il trauma è qualsiasi esperienza”
In questo brano Freud spiega come l'isterico soffre soprattutto del ricordo dei traumi che si pongono all'origine della nevrosi e che non possono essere fatti riaffiorare perché sono sostanzialmente pericolosi e quindi sono stati rimossi. Ecco che emerge un altro concetto fondamentale del paradigma psicologico freudiano che è il concetto di rimozione.
Ma in realtà la memoria non è solo la malattia infatti essa è anche cura, infatti il ricordo della trauma che si poneva all'interno della memoria psichica dell'individuo e che era all'origine del sintomo nervoso, sembrava funzionare anche come cura del sintomo.
Questa nuova terapia, in cui si parla negli studi sull'isteria, viene diffusa facendo riferimento a una caso della signora Anna, che presentava la sintomatologia isterica e che è stata curata attraverso questo processo relativo alla riconduzione, ovvero passando attraverso l'ipnosi era riuscita a superare questo trauma.
Molto importante è affrontare la questione relativa alla rimozione. Per rimozione Freud intende lo spostamento di una determinata emozione o di un determinato desiderio, la cui manifestazione viene avvertita come potenzialmente pericoloso dal soggetto, perché potrebbe creare dei problemi nelle relazioni con le persone che gli stanno intorno (soprattutto i genitori), uno spostamento da una situazione di consapevolezza in un deposito (per questo si parla di rimozione e non di cancellazione), che è l’inconscio, che è questo calderone all'interno del quale vanno a ribollire tutte queste esperienze, tutte queste emozioni e desideri, che in qualche modo non sono confessabili perché sono ritenuti pericolosi. Tutte queste emozioni vengono quindi spostate nell'inconscio perché gli rimangono in uno stato di latenza e di nascondimento all'attività cosciente del soggetto.
Solo che naturalmente la psiche non è statica ma è dinamica e proprio la dinamica della psiche fa sì che tutti questi oggetti di rimozione si trasformino sostanzialmente in pulsioni che cercano di affiorare, ovvero cercano di manifestarsi.
Quando l'oggetto che viene rimosso è particolarmente traumatico, perché viene avvertito come tale dal soggetto e quindi proprio per questo spinge molto di più per poter affiorare, a quel punto è necessario che il soggetto si doti di tutta una serie di azioni di copertura, che sono nei casi più gravi la sintomatologia nevrotica.
Questo perché Freud ritiene che in realtà qualcosa a che vedere con la struttura fisiologica del soggetto tutto ciò abbia, perché ritiene che l'attività cerebrale sia essenzialmente un'attività energetica e l'elemento di sanità è il mantenimento di una determinata isostasi, di un equilibrio energetico; il trauma, ovvero quest'esperienza particolarmente coinvolgente dal punto di vista emotivo, va ad alterare questo equilibrio come una carica energetica. Questa alterazione dell'equilibrio naturalmente ha bisogno di una compensazione per riportare il tutto a una situazione di equilibrio e funziona da equilibrio il sintomo nevrotico.

Andiamo a leggere come Freud parla del concetto della rimozione, perché qua ci spiega che la rimozione non è qualcosa che possa essere riferito all'istinto ma essenzialmente alla pulsione, perché ha come origine stimolatrice l'interno del soggetto.
Lettura “La rimozione”
La rimozione ha a che fare con una situazione nella quale si ci trovi di fronte a questo conflitto tra piacere e dispiacere, in questa situazione l'istinto va sempre in direzione del piacere, quindi affinché ci sia rimozione c'è bisogno di entrambe le cose, da una parte una spinta ad agire che contempli la possibilità di avere del piacere, ma dall'altra la consapevolezza che forse la soddisfazione di questo piacere comporta un dispiacere di altra natura, ad esempio un dispiacere sociale. Allora in questo caso la psiche prende questa pulsione, la rimuove e la mette nell’inconscio, questa pulsione quindi non cessa di esistere ma viene collocata in un luogo nel quale non crea problemi.

Tutto questo succede perché Freud ha una concezione particolare della psiche umana e questa concezione viene esposta compiutamente nell’opera “L’interpretazione dei sogni”, del 1900 (che però aveva finito nel 1889). L'interpretazione dei sogni si basa già su questa concezione della psiche che potremmo definire prima topica; Freud pensa la psiche (che non è ne cervello ne la mente, ma è quell’insieme di desideri e attività legate alle pulsioni che sono propri dell'attività dell'uomo) come una struttura unilineare. La psiche è composta dall’inconscio e dal conscio (che rappresenta alla nostra vita cosciente), tra queste si trova il preconscio, che è il posto nel quale andrebbero a sedimentare quei desideri e quelle pulsioni che stanno per affiorare. In mezzo ad ognuna di queste metà Freud concepisce l’esistenza di un dispositivo di censura, che è deputato a proteggere la coscienza e la nostra vita reale da tutte quelle cose che talora affiorassero potrebbero rappresentare un turbamento, quindi gli si impedisce di affiorare. Una prima censura stabilisce cosa può arrivare al preconscio e poi una seconda che stabilisce cosa può affiorare nel conscio, rigettando tutto quello che non deve affiorare nell’inconscio, perché ritenuto pericoloso nei confronti della società, anche se in realtà per Freud tutti i desideri inconfessabili hanno una origine sessuale.

Affinché sia possibile comprendere il perché dell’interpretazione dei sogni è necessario sapere che ad un certo punto Freud si accorge che vincolare questa attività psicanalitica all’ipnosi è qualcosa che non va bene perché l'ipnosi ha dei limiti, infatti è indotta, il soggetto è parzialmente cosciente e quindi collabora non pienamente e allora bisognerebbe cercare di trovare nuove tecniche che in qualche modo si possono permettere di analizzare l'inconscio. Freud inventa così le libere associazioni mentali, intendendo per libere associazioni l'attività dell'analista che cerca di associare quello che il paziente racconta in modo tale da vedere se questo richiama quei traumi che si pongono all’origine della sintomatologia nevrotica.
Freud però scopre anche un’altro metodo per indagare l’inconscio, ovvero il sogno. Come sappiamo il sogno in tutta la tradizione precedente aveva un ruolo premonitore, ma in Freud è completamente il contrario, ovvero è postmonitore (ovvero ci dice dopo qualcosa che è venuto molto prima); inoltre il sogno era ritenuto come qualcosa che si basasse sulle esperienze diurne, Freud dice invece che in realtà questa è l'apparenza perché il sogno non è nient'altro che la manifestazione di qualcosa che abbiamo vissuto in un altro momento, ovvero nella nostra infanzia psichica.
Freud da quindi una definizione del sogno, il sogno non è nient'altro che la manifestazione di un desiderio inconfessabile, che si trovano nell'inconscio.

Ora ma com'è possibile che questi desideri che dovrebbero essere censurati nello sogno si possono manifestare? Questo succede perché il nostro sistema censorio si allenta, ecco anche perché il desiderio non può manifestarsi in modo palese ma deve trasformarsi per poter aggirare il sistema censorio. Quindi capiamo che se si deve trasformare esistono due contenuti del sogno, il contenuto latente, quello che si trasforma e che rappresenta il desiderio inconfessabile, e il contenuto manifesto.
Prima di arrivare al contenuto latente bisogna passare attraverso un dispositivo che ha alcune regole ben precise e che regola la nostra produzione onirica.
Potremmo dire che il sogno è quasi come una rappresentazione teatrale, nella quale il nostro desiderio inconfessabile va in scena, ma da quello che era il trauma (che sono le quinte del teatro), il desiderio si presenta con una maschera. Questa maschera si compone di quattro momenti:
1.       rappresentazione primaria, nel quale il desiderio si trasforma in immagine trovando dei simboli attraverso i quali potersi manifestare
2.       condensazione, durante la quale vengono associati ad un simbolo significati diversi, per esempio il campanile diventa il fallo e la barca una vagina
3.       spostamento, questa condensazione permette di spostare significati particolarmente emotivi e coinvolgenti di cui sono caricati alcuni simboli (come il fallo e la vagina) su altri simboli, che sono meno coinvolgenti dal punto di vista emotivo (il campanile e la barca); simboli che permettono la rappresentazione del desiderio, che poi sarà un desiderio di tipo sessuale
4.       rappresentazione secondaria, in queste circostanze, quando il paziente è sveglio, il suo sistema censorio funziona perfettamente e succede che nel racconto che facciamo all’analista questo racconto è caratterizzata da una resistenza che il nostro apparato psichico fa, attraverso il sistema censorio. Ecco perché ciò che raccontiamo secondo Freud quasi mai definisce in modo adeguato il contenuto manifesto del sogno

Questo dispositivo che trasforma il contenuto latente e in contenuto manifesto secondo Freud ci permette di capire perché i sogni normalmente presentano certe caratteristiche, ovvero si manifestano in modo quasi incomprensibile. E per spiegare ciò Freud dice che il sogno è un po’ come un rebus.
Lettura “Ho davanti a me un indovinello a figure”
Noi possiamo sognare cose incoerenti (come un apostrofo al posto di una testa e una barca sopra una casa), la valutazione esatta del rebus la troverò qualora non si pongono obbiezioni ne contro la semantica particolare di questi simboli, ne contro la sintassi, l’unione che questi simbolo hanno della rappresentazione; perché il sogno si presenta seguendo forzature di ordine semantico (ovvero di significato dei simboli) e sintattico (ovvero di relazione dei simboli tra di loro).

Ora se il contenuto manifesto si presenta come un rebus che nasconde il contenuto latente, la funzione del terapista sarà quella di risolvere il rebus interpretando i simboli, quindi il terapista è essenzialmente un ermeneutica (un interprete) o un archeologo, che cerca il vero significato dei simboli attraverso le libere associazioni e le parole.

Però tutti sognano e quindi siamo tutti un po’ nevrotizzati e siamo caratterizzati da questo inconscio, solo che esistono delle differenze, ovvero il fatto che spesso i traumi che si pongono alla base delle nevrosi o perché sono troppo potenti o perché i soggetti sono fragili, vengono avvertiti come talmente pericolosi da aver bisogno di un’ulteriore copertura (i sintomi nevrotici).
Questo aspetto della quotidianità delle rappresentazioni dell’inconscio raggiunge il suo apice nella “Psicopatologia della vita quotidiana”, nella quale il Freud parla di cose ancora più abituali identificando queste come forme di resistenza nei confronti dell'inconscio, ad esempio i lapsus, ovvero molto spesso l'errore con il quale noi diciamo un'altra parola rispetto a quella che vorremmo dire rappresenta un elemento di copertura rispetto ha parole con molta più carica dal punto di vista emotivo, perché più coinvolgenti dal punto di vista sessuale, che cercano di affiorare dall'inconscio. Ma anche degli atti mancati, ovvero il fatto di non fare alcune cose o di dimenticarle, perché anche li ci sarebbe un investimento libidico (come dirà più tardi), o ancora le amnesie.
Quindi in “Psicopatologia della vita quotidiana” Freud può affermare che la psicanalisi ha permesso l'emersione dei demoni dall'inferno, perché l'inconscio, ovvero l'inferno, è sempre presente nella vita quotidiana.

Ad un certo punto sempre di più un Freud riconduce alle pulsioni inconsce funzioni sessuali egli sempre di più ricongiunge queste funzioni ad esperienze reali o allucinate di traumi sessuali infantili. Questo è molto importante perché va a toccare una sfera che fino ad allora  era tabù ovvero quella della sessualità infantile.
Freud dedica tre saggi, che si chiamano “Tre saggi sulla sessualità”, per cercare di dimostrare che il bambino sin dai primissimi giorni della sua esistenza ha esperienze di tipo sessuale e quindi non è un angelo asessuato, come si pensava, ma è un perverso polimorfo (per perversione sessuale si identifica un atto sessuale che va in direzione contraria alla normalità, mentre polimorfo significa che assume diverse forme).
I saggi sulla sessualità si compongono di tre sezioni: aberrazioni sessuali, sessualità infantile e trasformazioni della sessualità nell’età puberale.

Nella prima sezione Freud introduce un altro concetto fondamentale ovvero il concetto di limpido, la libido è una pulsione di carattere sessuale, così come la fame corrisponde a quella pulsione dell’assunzione di cibo.
Quindi l’attività sessuale è dominata da questa cieca ed irrazionale pulsione, una pulsione che però ha un carattere specifico, ovvero è una fonte di stimolo continuo e costante di origine endosomatica, ovvero di origine interna. Questa pulsione andrebbe sempre in direzione di un oggetto sessuale (ovvero di un oggetto che ne rappresenta la soddisfazione), le aberrazioni sessuali quindi rappresentano la dissaldatura della pulsione dall’oggetto, perché normalmente si riteneva che la sessualità fisiologica andasse in direzione della riproduzione, per questo era ritenuto fisiologico l’atto sessuale.
Tutto ciò che eccedeva questa dimensione era considerato aberrazione sessuale, quindi ci possono essere delle aberrazioni sessuali per quello che riguarda l'oggetto sessuale (come l’omosessualità), ma ci possono anche essere aberrazioni sessuali che non riguardano l'oggetto sessuale ma riguardano anche il modo di provare piacere sessuale (sadismo e masochismo).
Ma sono proprio le aberrazioni sessuali che dimostrano che la sessualità è qualcosa di più ampio che la mera riproduzione, la sessualità ha infatti nel suo centro un’esperienza di piacere.
Qui sorge il presupposto della sessualità infantile, anche se il bambino non ha raggiunto la maturità sessuale, quindi occorre individuare un piacere sessuale che non necessariamente passi attraverso l’attività sessuale, una sessualità che non si appoggi necessariamente sul genitale, ovvero che trova punti del corpo in cui si trova piacere sessuale indipendentemente dall’attività genitale. Su questi presupposti si costruisce la sessualità infantile, che è una sessualità autoerotica, perché il bambino diventa oggetto sessuale di se stesso attraverso circoscrizione di zone erogene che provocano piacere indipendentemente dalla attività genitale.
Lettura “Trascuratezza della sessualità infantile”
La trascuratezza della sessualità infantile è un errore molto grave perché la sessualità infantile è indispensabile per una corretta sessualità adulta. Freud si meraviglia che sia data tanto importanza alla sessualità per la continuazione della specie senza considerare la sessualità dell’individuo.

Come abbiamo detto la sessualità infantile (che si situa tra il primo mese di vita e i due anni) non si caratterizza nell’identificazione di un oggetto sessuale esterno ecco che quindi la caratteristica specifica della sessualità del bambino è quella autoerotica, in cui l’oggetto con il quale provare piacere sessuale è il proprio corpo.
Lettura “Un’autoerotismo”
La sessualità infantile si divide in tre fasi (fase orale, che è legata alle labbra, la seconda è la fase anale, mentre la terza è la fase pre-genitale) e a partire dalla prima si possono identificare quelle zone che presentano caratteristiche si soddisfazione sessuale, ovvero quelle zone che Freud definisce erogene e sono quelle nella quali la stimolazione riesce a suscitare piacere, queste sono zone che se strofinate danno piacere e sono caratterizzate da mucose, le quali sono predisposte a una accentuazione delle sensazioni.
La prima zona erogena che viene identificata è quella delle labbra, perché le labbra sono legate alla prima attività ovvero quella dell’assunzione del latte dal seno materno per sopravvivere. Ma il piacere il bambino non se lo procura dal succhiare il seno ma lo ottiene dalla prassi dell’assunzione, cosa che è dimostrata dal fatto che il bambino poi ricerca questo piacere indipendentemente dal fatto dell’assunzione del latte, ovvero il succhiare il pollice.

La seconda fase è quella anale, mentre la terza è quella pre-genitale, dove c’è un appoggio genitale di natura diversa rispetto a quello che c’è nella fase adulta.
La fase anale il bambino la scopre attraverso la defecazione, infatti quando deve fare la cacca la trattiene, perché, sebbene provi dolore, nello stesso tempo prova anche piacere. Ma c’è una componente che immetterebbe anche gli esterni, ovvero il dono delle feci che il bambino fa ai genitori.
La terza fase è quella pre-genitale, che è caratterizzata dallo strofinio, quando i bambini fanno pipi e il restringimento delle cosce per quello che riguarda le femmine.

Uno degli aspetti più importanti è il fatto che anche le bambine, secondo Freud, penserebbero di avere il pene, solamente nella pubertà le bambine scoprono che questa parte anatomica è differenziata rispetto ai maschi ed è proprio da questo dramma che si originerebbe quell'invidia del pene che secondo Freud caratterizzerebbe la sessualità femminile, determinando quella sessualità tipicamente passiva (in quanto la donna accoglie e non agisce) che è tipica della sessualità femminile. Come sappiamo su questa sessualità fallica se sono spese parole di fuoco nell'epoca del femminismo e non a caso una filosofa e psicologa molto famosa ha iniziato l'analisi della sessualità umana partendo dalla critica di Freud.
Quello che non va nell'analisi di Freud è il fatto di identificare una determinato comportamento sessuale dal punto di vista della donna a questioni di tipo biologico e psicologico, trascurando invece l'elemento culturale, in particolare a quel elemento di sottomissione a cui la donna è stata sottoposta per secoli. Anche Hung criticò Freud perché anche lui pensava che non tutto fosse caratterizzato da traumi sessuali, ma anche da altri fattori come l'inconscio collettivo, che ci fa entrare in determinate categorie psicologiche che fanno riferimento ai miti (per esempio il tipo venereo o mercureo).

Freud invece era convinto che tutto derivasse da traumi dell'infanzia sessuale e in quest'ottica è importantissimo il complesso di Edipo, che viene concepito da Freud al termine delle tre fasi che caratterizzano la sessualità infantile (che secondo Freud si esauriscono entro il due o tre anni). Dopo i tre anni il bambino entra in una nuova fase che è quello che viene identificato con il complesso di Edipo. Il complesso di Edipo è molto importante perché rappresenta la prima uscita del bambino dalla fase autoerotica, ovvero il bambino identifica per la prima volta un oggetto sessuale, che non può che essere il genitore di sesso opposto (come Edipo che si mette con la madre, o come Elettra che uccide la madre), anche se per Freud è importante soprattutto la madre perché in questa età le bambine pensano ancora di avere il pene.
Solo che, come sappiamo, fare del genitore di sesso opposto l'oggetto sessuale crea dei problemi, come la tragedia di Edipo ha dimostrato, infatti questo potrebbe infrangere quel tabù che funziona più o meno in tutte le civiltà a salvaguardia della salvezza della società stessa. E il bambino sa che l’insieme di valori che stanno intorno a lui, che sono rappresentati dai grandi, non lo permetteranno mai perché sono tesi alla salvaguardia dell'ordine sociale, soprattutto il bambino sa che il suo antagonista che ha lo stesso oggetto sessuale, ovvero il padre, non rinuncerà al suo oggetto sessuale e quindi lo punirà colpendolo nella parte che mette in pericolo lo status quo, ovvero i suoi organi genitali. Ecco perché il complesso di Edipo porta con sé quella paura nei confronti del padre che Freud chiama ansia della castrazione. Proprio attraverso questa ansia della castrazione secondo Freud si compie l'elaborazione del complesso di Edipo, infatti se questo legame non venisse superato potrebbe porsi all'origine di pericolose situazioni psicologiche e patologiche rilevanti e questo emergerebbe nella fase nella quale il bambino riscopre la sessualità, ovvero la fase della maturità.

Dopo il complesso di Edipo il bambino entra in una fase che Freud chiamava fase di latenza, nella quale la sessualità viene nascosta. Nella fase puberale però la soluzione del complesso di Edipo diventa di estrema importanza, infatti abbiamo detto che la libido secondo Freud deve sempre avere un oggetto, ovvero deve identificare un oggetto d'amore. Se l’Edipo ha funzionato questo riferimento all'oggetto sessuale si indirizza verso terzi (che può essere la musica, lo sport o altre persone); se invece il complesso di Edipo non ha funzionato il bambino cerca nuovamente la madre, ma poiché questo comportamento è sanzionato ritorna all'autoerotismo, l'unica altra fase di sessualità che conosce. Proprio da questo secondo Freud nasce una delle nevrosi più diffuse, quella che Freud chiama narcisismo, ovvero l'identificazione di se stesso come oggetto sessuale.

La pubertà è anche la fase, per chi è uscito in modo corretto dal complesso di Edipo, nella quale può utilizzare escamotage per aggirare le pulsioni sessuali, attraverso la categoria della sublimazione, ovvero sublimare le spinte di carattere sessuale attraverso l'identificazione di piaceri di altro tipo e quindi scaricare questa energia verso oggetti di piacere non sessuale. Anzi questa capacità di sublimare, che secondo Freud è propria degli artisti e degli scienziati (e degli uomini di grande ingegno), è la tecnica che permette a questi soggetti di superare nevrosi latenti, ovvero la sublimazione è l'unica alternativa alla nevrosi. Non a caso Freud scrive “Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci”, nel quale cerca di spiegare come la genialità di Leonardo da Vinci non fosse nient'altro che l'effetto di un'attività di sublimazione attraverso la quale aveva superato la sua latente omosessualità.
Lettura “La sublimazione”
Freud da la sua definizione di sublimazione in un'opera nella quale tra l'altro spiega in che cosa si origini la civilizzazione delle società, che come vedremo fa riferimento al concetto di sublimazione, ovvero l'arte, la cultura e la scienza in una realtà deriverebbero tutte dalla capacità di sublimare le pulsioni sessuali da parte degli individui.
Ma c'è una cosa ancora più importante che è rappresentato dal fatto che la civiltà di un popolo dipende dalla rinuncia a determinate pulsioni, quindi dipende da frustrazioni, cioè dalla frustrazione dei nostri desideri sessuali si origina ciò che permette alle civiltà di costituirsi.

Però se ci fosse solo il principio di piacere e il principio di realtà in realtà la società non dovrebbe essere aggressiva, eppure vediamo che dalla società emerge anche l'aggressività, una aggressività che ancora una volta per Freud non ha un'origine sociale ma ha un'origine psicologica perché non è nient'altro che una proiezione all'esterno di una pulsione di distruzione di se stessi che ogni individuo converrebbe all'interno della propria psiche. Proprio con l'individuazione di questo principio, che Freud chiamerà principio di morte, è possibile concepire la distinzione che compie per quello che riguarda la strutturazione della psiche, ovvero il passaggio alla seconda topica, nella quale la psiche si metterà su un piano circolare.
Prima però della struttura della psiche bisogna parlare dei principi che governano l'attività inconscia dell'individuo; Freud nella prima topica pensava che esistessero solo due principi: il principio di piacere (quello che rappresenta le pulsioni lipidiche dell'inconscio) e il principio di realtà (che rappresenta il principio di adeguazione rispetto alla realtà circostante e che corrisponda ai sistemi censori). Per molto tempo Freud pensava che il compito della psicanalisi fosse quello di permettere l'emersione della parte pulsionale, che si trovava all'origine della nevrosi, cercando di trasformarla secondo il principio di realtà (far diventare io ciò che era inconscio). Questo scopo, ovvero ricondurre il principio di piacere al principio di realtà, lo si poteva ottenere attraverso la traslazione, ovvero cercando di trasferire i desideri e le pulsioni sessuali di un paziente verso l'analista (da questo deriva il tipico rapporto tra analista e paziente, caratterizzato da attrazione e conflitto).
Ad un certo punto però Freud scopre un altro principio che enuncia nel suo testo più famoso che si intitola “Al di là del principio di piacere”. In questo libro Freud cerca di spiegare come ha identificato un altro principio che attraversa l'attività inconscia dell'uomo, ovvero il principio di morte, il quale si muove in direzione dell'annullamento. Freud arriva a formulare questo principio osservando il nipotino il quale manifestava disagio ogni volta che usciva la madre, tanto che tutte le volte che usciva la madre iniziava una specie di gioco rituale che consisteva nel prendere un rocchetto di legno, gettarlo sotto il letto ed esclamare “fuori”, salvo poi ritirarlo se esclamando “qui”. Freud si interroga su che significato abbia questo gioco rituale e si rende conto che probabilmente questo gioco riproduceva l'esperienza della scomparsa della madre e scopre che questa tendenza tipica degli individui di cercare, per eliminare quelle perturbazioni che una situazione drammatica determina, di ritornare alla situazione precedente, ovvero di agire una sorta di regressione ad uno stato nel quale c'era meno perturbazione. Considerando questo Freud arriva a ipotizzare che, poiché lo stato al quale l'organismo può retrocedere è quello inorganico, allora ogni organismo tende alla morte, ovvero verso lo stato in cui l'assenza di vita determinerebbe la cessazione della sofferenza.
Ma poiché questa pulsione di tipo distruttivo va contro il principio di autoconservazione, allora questa pulsione distruttiva viene rivolta verso l'esterno diventando distruttività nei confronti degli altri, per questo secondo Freud sorge l'aggressività nella società umana.

A questo punto, scoperto che la psiche è molto più profonda di quello che lui pensava, ecco che la descrizione della psiche precedente lascia posto a una descrizione molto più profonda, che fa della psicanalisi una psicologia del profondo. In base a questa nuova concezione Freud concepisce che in realtà tutta la nostra psiche è dominata dalla dimensione dell'inconscio, un inconscio che chiama Es, che è il pentolone nel quale ribollono tutte le nostre pulsioni che vanno in direzione del piacere e quelle che vanno in direzione della distruzione (è il pentolone dove ribollono Eros e Tanaos, amore e morte).
Quello che prima si chiamava coscienza, e che adesso si chiama Io o Ego, non è nient'altro che la pellicola sottoposta alla pressione di due agenti, da una parte l'inconscio e dall'altra parte la realtà, perché l’io non è nient'altro che la faccia che noi mostriamo alla realtà e che è in continua rielaborazione di quello che lo attraversa dall'inconscio e per questo è in continua costruzione (è il continuo tentativo di rendere presentabile alla realtà ciò che emerge dall’Es).
Il sistema censorio in questo caso viene chiamato da Freud Super-ego, che è una struttura inconscia che funziona essenzialmente come un tribunale della nostra psiche, ovvero quel tribunale che sanziona i nostri desideri e le nostre pulsioni e cerca di giudicare se sono degne di affiorare o se invece siano pericolose essendo sostanzialmente contro le norme su cui si basa la relazione sociale. Ora il super io si baserà su un insieme di valori, che sono i valori di riferimento dell'inconscio e secondo Freud chi dà i valori ad un individuo sono i genitori, ecco perché il super io si costruisce sull'immagine del super io dei nostri genitori, determinando una continuità tra le generazioni che ci permette di collegarci a quanto veniva espresso come valore in precedenza.

Ma se l’io è qualcosa che costantemente si costruisce e se ogni esperienza funziona anche come un tentativo di copertura di qualcosa, ecco che diventa difficile capire se è possibile arrivare alla fine di una terapia analitica, infatti il terapeuta sempre di più diventa come un archeologo che scava e trova un elemento traumatico il quale però potrebbe non essere prioritario perché rappresenta un elemento di copertura di qualcosa che sta sotto. Ecco perché Freud in un'opera che s'intitola “psicanalisi finita o di infinita”, si chiede se sia possibile arrivare a una fine; potremmo dire che dal punto di vista pratico necessariamente la terapia finisce, però teoricamente l'analisi è infinita perché in questo lavoro archeologico è difficile arrivare a ciò che ha perturbato l’io.

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