giovedì 15 settembre 2011

Lo Spiritualismo

Innanzitutto, sebbene gli spiritualisti francesi riconoscono l'importanza di certi ambiti della vita che trascendono il mero orizzonte fattuale, naturale e scientifico, per spiritualismo non si deve intendere una corrente filosofica e religiosa, questi filosofi infatti considerano lo spiritualismo lungo la tradizione della filosofia francese che trova la sua origine in Cartesio, dove spirito sta per attività spirituale e di coscienza (il cogito), infatti ciò che si propongono gli spiritualisti è proprio quello di riportare la filosofia al di là dell'orizzonte positivista, che per loro rappresenta l'interruzione di una linea di continuazione nella filosofia europea e francese, più genuina, che partendo da Cartesio e attraverso Malebranche e Pascal secondo loro raggiunge anche alcune posizioni dell'illuminismo che nonostante la loro fiducia nella ragione ereditano da questa tradizione la specificità che viene affermata da questi autori dell'attività di coscienza e di pensiero.

Gli elementi di spicco della spiritualismo francese sono sostanzialmente Ravaisson e Boutroux, entrambi affermano di ispirarsi direttamente alla filosofia dell'ultimo filosofo romantico francese che si chiama Maine de Piran, il quale all'interno della concezione romantica rivalutava l'aspetto religioso e che soprattutto aveva concepito al centro della sua riflessione filosofica come elemento costitutivo della vita dell'uomo quello che lui chiamava “sforzo” (chiaramente verso l'assoluto), che traduce il termine tedesco streben, che è una parola chiave del romanticismo.
In realtà Ravaisson si ricongiunge ancor prima all'origine autentica della riflessione filosofica con Aristotele perché Aristotele era stato il primo a concepire il principio non in un'idea o in un numero ma nell'intelligenza, intesa come attività, un'attività che coglie proprio nell'attività di coscienza la realtà assoluta ovvero il principio che governa ogni cosa. Potremmo dire che Aristotele aveva scoperto che la consapevolezza interna di ciò che comprendiamo rappresentava un aspetto sostanziale della realtà, molto di più che la realtà esterna, cioè il sentire di sentire viene prima del sentire, inteso come attività di percezione del mondo attraverso l'esperienza (che un elemento fondamentale per tutte le tradizioni scientiste e in particolare per quella positivista).
Questa caratteristica non è nient'altro per Ravaisson che il compimento di quell'elemento che secondo lui segna la distinzione tra mondo inorganico, che è pura passività, e mondo organico, che invece è attività. Questa caratteristica Ravaisson la riconduce all'abitudine perché l'abitudine è qualcosa che segnala una ricorrenza senza che però tale ricorrere sia determinato dalla stessa rigidità e necessità che lega invece i fatti nel mondo fisico, ma poiché l'abitudine è qualcosa che appartiene alla coscienza lo stato di coscienza è rappresentato da una libertà, che in qualche modo antepone la coscienza stessa (l'attività) alle determinazioni della coscienza (ovvero gli atti di coscienza), quindi la coscienza in quanto libertà viene prima delle sue produzioni. L'abitudine è proprio questo l’agire e l’attività, la dimostrazione dell'attività di coscienza e la ripetibilità degli eventi che la caratterizzano (questo è di fondamentale importanza per capire la differenza di Ravaisson rispetto all'abitudine di Hung), ovvero l'abitudine crea una necessità differente da quella che esiste nella realtà esterna, perché mentre la necessità causale della realtà esterna e mera azione meccanica di un corpo su un altro corpo, la necessità dell'abitudine è una necessità che invece deriva anche dalla volontà, dalla tensione verso qualcosa.

La vicinanza al evoluzionismo di Boutroux ancora è maggiore perché proprio partendo dalla concezione evoluzionista (anche se conserva un forte elemento di metafisicità) lui coglie che la natura si evolve in direzione di una sempre maggiore complessità, ovvero che ogni ambito naturale si presenta sempre come più ricco e vario rispetto agli altri. Partendo da questo presupposto nel suo testo intitolato “La contingenza delle leggi di natura” Boutroux può affermare che le leggi di natura hanno una validità che è contingente all'ambito e al contesto all'interno della quale è inserita e che quindi ogni ordine di realtà, essendo diverso e nuovo, non può essere spiegato come un semplice passaggio da uno stato all'altro, perché secondo lui non c'è una passaggio ma c'è un salto, che fa sì che ciò che è valido in un ambito non può essere valido nell'altro perché così come la natura ammette variazioni (e l'evoluzionismo sembrerebbe giustificarlo) lo stesso principio di causalità (che è la legge su cui si basa ogni autentico pensiero scientifico in quanto ad essa acquisisce il suo potere predittivo), proprio per questa possibilità di variazione, deve essere preso siccome un legame, ma come un legame che ammette variazioni. Quindi alla domanda la legge esprime sempre una relazione necessaria? Boutroux risponde che questo è valido solamente per le leggi logico-matematiche (quelle nelle quali non c'è nulla di nuovo), ma le leggi di natura no perché la vita è creatività; quindi le proposizioni sintetiche devono prevedere la possibilità di una variazione. Ecco che quindi l'interpretazione scientifica diventa una delle interpretazioni possibili perché la vita dello spirito è molto più ricca del mero essere ed agire della natura, perché la vita dello spirito è attività di coscienza e quindi esistono altri valori che richiedono altre norme e leggi di interpretazione (valori morali, estetici, religiose eccetera).
Quindi non esiste solo il vero (e quindi la nostra vita non è solo una adeguazione a questo vero), ma esiste anche il bello, il buono, il giusto, la fede e tutti questi valori poiché aprono ad ambiti della vita differenti secondo Boutroux richiedono leggi differenti, quindi come vediamo si mette in discussione il presupposto del positivismo, ovvero che tutto fosse comprensibile e giustificabile con lo stesso metodo scientifico, quindi Boutroux dice che ogni paradigma ha una propria maschera interpretativa o legge esplicativa.

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